...Con nervi tesi e ansia paurosa ci si appresta a vedere e capire le costruzioni pittoriche di Eros Mariani, perché rappresentano il dramma autolesionista dell'umanità. Senza limiti il processo d'identificazione tende a superare il diaframma rituale tra soggetto e oggetto, anticipando così mutazioni genetiche instabili ma funzionali.
Queste implicazioni danno una forma a ciò che per propria natura non avrebbe ragione d'esistere.
Come un cantastorie di un'era post-atomica, Eros Mariani ripercorre le tappe della dissoluzione dell'umanità, attraverso immagini crude e disincantate.
Nelle sue opere s'intravedono le forme, per niente allusive, di una vagina con l'entrata sbarrata da assi di legno inchiodate; un'altra con labbra dischiuse, al cui interno s'intravede un microchip, quasi a sottolineare un sesso ragionato, privo di emozioni, computerizzato e spersonalizzato, che per questa distorsione non può partorire che aborti. Allora il mondo si riempie di rifiuti e diventa una discarica umana in cui le bambole di gomma sono feticci viventi. Questo cimitero, che per estensione raccoglie pure le carcasse di milioni di automobili e di oggetti, diventa così una cyber ecatombe. Come se non bastasse, anche l'atmosfera intorno all'orbita del nostro pianeta è inanellata in una copertina di spazzatura che un po' alla volta soffoca nelle sue spire la vita e agli uomini prigionieri dietro solide sbarre non rimane che gridare impotenti all'olocausto.
Ed è così che nelle sue opere Mariani ri-produce una realtà carica di nefandezze e da cronista attento ne stigmatizza la modernità esecrante, mescolando tra di loro i materiali che la scompongono e dis-integrano in una fusione meditata e sistemica.
E speriamo che almeno queste opere riescano a scrollarci di dosso la connivenza passiva con chi ha deciso di distruggere il pianeta e l'umanità.

Liliana Visintin

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